Comunicato

Comunicato sulla gestione dell’emergenza COVID 19 in RSA

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La gestione COVID19 alla Casa di Riposo Ospedale dei Poveri di Pandino

Da quando la Pandemia Covid19 ha sconvolto i nostri normali equilibri, l’attenzione sulle RSA del territorio da parte della stampa e dei social media è diventata quasi innaturale, spesso concentrata più al sensazionalismo legato al numero dei decessi e al subdolo messaggio di incapacità di assistenza adeguata piuttosto che alla completezza di informazione.
Come Consiglio di Amministrazione abbiamo scelto di dedicare tutta la nostra attenzione agli Ospiti della Fondazione e a tutto il personale che in essa lavora e non abbiamo certo pensato a “nasconderci” come qualche “fake news” riportata artatamente sui social.
L’emergenza Covid19, sia a livello nazionale che a livello locale, non è ancora finita. Ed in questo nuovo contesto è semplicistico ed opportunistico fare delle RSA il capro espiatorio della situazione che ha colpito il nostro Paese; per questo riteniamo necessario fornire alcune informazioni.
Informazioni chiare perché non c’è nulla da nascondere; la Fondazione ha sempre operato nel rispetto delle regole, dei protocolli sanitari e delle procedure indicate dalle autorità competenti; tutti i dipendenti della struttura hanno svolto un lavoro encomiabile, con dedizione e professionalità hanno affrontato una sfida epocale. Con sincera unità di intenti tra Consiglio di Amministrazione, Direzione Generale e Direzione Sanitaria della Fondazione si è operato per la gestione dell’emergenza. In questo periodo di emergenza sono tante le cose che non hanno funzionato in forza della rapidità e intensità degli accadimenti fra cui forse anche le scelte e le strategie messe in atto durante l’emergenza dalle autorità competenti. Da questa esperienza tutti dobbiamo trarre insegnamento.

Le prime decisioni
Sabato 22 febbraio, poche ore dopo l’allarme reale e mediatico, benché le indicazioni Regionali e di ATS Valpadana concedessero ancora il libero accesso ai parenti degli Ospiti, la nostra RSA ha ritenuto opportuno che fosse limitato al massimo il contatto con l’esterno nella speranza di riuscire in questo modo a contenere il contagio; per questo ha inibito l’accesso dei familiari e dei volontari alla struttura. Consapevoli che questa scelta potesse creare negli Ospiti e per le loro famiglie una situazione di grave carenza di relazioni e di affetto, si è cercato fin da subito di garantire ai familiari la possibilità di contattare a distanza gli Ospiti attraverso l’attivazione di un servizio di videochiamata e di poter interloquire con il personale medico della struttura per informazioni sulla salute dei propri cari. La conferma che fosse necessario chiudere ai visitatori esterni le Case di Riposo è arrivata successivamente con il Decreto del Presidente del Consiglio dell’ 8 marzo.
Nelle molteplici trasmissioni televisive e nelle conferenze stampa di quei primi giorni, tenute da Regione Lombardia e dalla Protezione Civile, tutti cercavano di tranquillizzare dicendo che il Virus non era letale e che a morire erano persone anziane già colpite da patologie preesistenti; inascoltati erano gli appelli provenienti dal settore sociosanitario delle RSA di attenzione ad una realtà che si occupava dei più fragili. A distanza di tre mesi tutti si domandano perché a morire siano stati così tanti anziani.

La gestione dell’emergenza
Quello che è accaduto all’interno delle RSA del Nord Italia, è stato definito da molti uno “tsunami”; e purtroppo anche la nostra RSA non è stata risparmiata. All’inizio sembrava che il Virus non fosse presente all’interno della nostra struttura ma ancora non si avevano indicazioni né sui tempi di incubazione né sui pazienti asintomatici; pensavamo di essere stati risparmiati ma purtroppo non è stato così vista la mortalità del 31% dal 22 febbraio al 15 maggio 2020 (33 decessi su 106 Ospiti, 14 residenti a Pandino e 19 in altri comuni) di cui ben il 70% concentrato nella seconda metà di marzo.
Questi dati però vanno letti nel contesto del territorio in cui viviamo: i dati al 15 maggio indicano che in Lombardia per il coronavirus sono morte 15.411 persone. La provincia di Cremona ha avuto la più alta percentuale di contagiati in tutta la Lombardia: 14 ogni 1.000 abitanti. Durante la fase iniziale nessuna linea guida dedicata alle comunità per persone fragili è stata predisposta dalle autorità competenti: solo indicazioni centrate sull’emergenza ospedaliera.

Fin da subito è stato prioritario garantire protezioni a tutti i nostri operatori attraverso una ricerca frenetica da parte degli uffici di un numero sufficiente di DPI: mascherine, guanti, camici e tute monouso, protezioni oculari, disinfettanti, etc. Uno sforzo che la RSA si è trovata a compiere in totale solitudine; la difficoltà di reperimento dei dispositivi di protezione era evidente, all’inizio dell’emergenza è stato risolutivo il sostegno ricevuto dalle donazioni dei singoli, dei volontari e delle associazioni; ciò ci ha permesso di non essere mai privi di protezioni. Solo verso la fine del mese di marzo è arrivata la prima fornitura di mascherine da parte di ATS.
Fin dall’inizio dell’emergenza, In considerazione del fatto che nella nostra struttura sono assistiti pazienti con gravi patologie e di conseguenza maggiormente vulnerabili in questa situazione, la Direzione Sanitaria ha ritenuto opportuno considerare tutti gli Ospiti come potenzialmente infetti. Ogni reparto è stato isolato e gli Ospiti che presentavano sintomi riconducibili al Covid19 sono stati sottoposti ad ulteriore isolamento nelle proprie stanze. Agli operatori sono state fornite tutte le indicazioni sull’uso adeguato dei DPI e sulla modalità di sorveglianza degli Ospiti come previsto dal protocollo sanitario.
Quanto sopra senza la possibilità di accertare se tra i nostri Ospiti ci fosse la presenza di Covid19 a causa della mancanza dei tamponi, richiesti all’ATS-Valpadana che ha reso disponibili i primi 20 tamponi solo il 27 marzo scorso.
A questa situazione già critica si è aggiunta poi la delibera della Regione Lombardia che indicava le RSA quale luogo dove indirizzare i pazienti Covid “lievi” per alleggerire gli ospedali sotto pressione. Come Consiglio abbiamo fin da subito rifiutato questa richiesta e questo non per sottrarci alle nostre responsabilità di fronte ad una situazione di emergenza del Paese ma piuttosto con l’unico intento di tutelare la sicurezza dei nostri Ospiti e del personale della Fondazione.
Da considerare che le indicazioni ricevute dalle autorità competenti per i pazienti Ospiti delle RSA con Età avanzata (>75 anni) e presenza di situazione di precedente fragilità nonché presenza di più comorbilità, indicassero che fosse opportuno prestate le cure presso la stessa struttura per evitare ulteriori rischi di peggioramento dovuti al trasporto e all’attesa in Pronto Soccorso. (Delibera Regione Lombardia n. XI/3018 del 30 marzo).

La situazione attuale
Dal momento in cui, a fine marzo, abbiamo ricevuto gradualmente da ATS la disponibilità dei tamponi la Direzione Sanitaria ha sottoposto tutti gli Ospiti e i dipendenti della Fondazione al controllo per la verifica o meno della positività al Covid19.
I primi tamponi sono stati impiegati, seguendo le indicazioni di ATS, sui soggetti che presentavano sintomatologia riconducibile al virus. Successivamente, ricevuta la disponibilità di nuovi tamponi, il test è stato esteso a tutti gli Ospiti e dipendenti: Ospiti e dipendenti senza alcuna sintomatologia sono risultati positivi mentre Ospiti che presentavano febbre o altri sintomi riconducibili al Covid19 sono risultati negativi.
In aggiunta ai tamponi forniti da ATS la Fondazione è riuscita successivamente ad acquistare, attraverso canali che ne davano disponibilità, un ulteriore lotto di tamponi da utilizzare per successive verifiche interne.
Il totale delle persone risultate positive al tampone è di 13 di cui 6 tra i dipendenti e 7 tra gli Ospiti. Il totale dei tamponi eseguiti è di 247; di questi 143 ai dipendenti e 104 agli Ospiti.
Gli Ospiti positivi al tampone sono stati tutti isolati in un reparto ad essi dedicato. Come previsto dal protocollo sanitario e dalle indicazioni ministeriali hanno effettuato un periodo di isolamento pari a 15 giorni al termine del quale si è provveduto ad eseguire il doppio tampone. Per decisione interna anche in caso di doppio tampone negativo è stata protratta la quarantena per ulteriori 15 giorni e prima di riportare gli Ospiti nei nuclei di appartenenza è stato eseguito un ulteriore tampone.

In questa seconda fase dove tutti sono giustamente concentrati sulla ripartenza e sulla ripresa delle attività per un auspicabile ritorno alla normalità le RSA vivono tutt’oggi un ambito di totale incertezza. La Fondazione, in ottemperanza alle indicazioni ed ai protocolli sanitari, sta effettuando a tutti i dipendenti e agli Ospiti il test sierologico per verificare la presenza di anticorpi Covid19. In attesa di ricevere indicazioni dalle autorità competenti sulla gestione della cosiddetta Fase 2 all’interno delle RSA, la Fondazione, sta valutando tutte le soluzioni possibili per consentire l’accesso alla struttura ai parenti degli Ospiti e ai volontari ferma la necessità di garantire agli Ospiti la maggiore sicurezza possibile.

I membri del CdA

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